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tratto dal sito Il Corsivo Quotidiano
Aldo Moro doveva morire. I potenti della Terra lo volevano morto. Logge massoniche, servizi segreti nazionali e internazionali, organizzazioni paramilitari occulte, lo stesso governo italiano e democristiano di Andreotti e Cossiga. Le Brigate Rossenon hanno agito da sole, i grandi burattinai del mondo libero avevano già emesso la loro sentenza di morte.
Erano gli anni Settanta, la Guerra Fredda incalzava e il mondo era diviso in due. I due blocchi, statunitense e sovietico, si erano tacitamente spartiti il mondo, addirittura avevano diviso la Germania in due fette, metà ciascuno. In questo clima di assoluto bipolarismo la politica di Aldo Moro era inaccettabile. La sua apertura al PCI di Berlinguer, la sua nuova idea di un governo ultrademocratico, nella quale potessero convivere cristiani e comunisti, andava indigesto sia al blocco filoamericano che al blocco sovietico.
L’Unione Sovietica non poteva tollerare un simile modello democratico: tutti i paesi dell’URSS avrebbero chiesto una apertura alla controparte politica, sarebbe stata la fine della dittatura comunista. Il modello italiano avrebbe smosso le coscienze degli oppressi, avrebbe creato troppi dissensi all’ombra della bandiera rossa. Gli americani, a loro volta, non potevano tollerare l’apertura di un paese alleato come l’Italia, ai nemici comunisti. Il “compromesso storico” di Moro e Berlinguer stava facendo crollare il tacito accordo dei Grandi che prevedeva la spartizione del Mondo. Andavano messi a tacere.
In quegli anni entrambi scamparono ad un attentato: il comunista venne assalito a colpi di arma da fuoco in Bulgaria, mentre era in visita istituzionale. Il democristiano si salvò dalla strage dell’Italicus, il treno Roma-Monaco che esplose causando 12 feriti e 48 morti. É sua figlia Maria Fida ad ammettere che il padre avrebbe dovuto essere su quel treno. Un impegno istituzionale dell’ultimo momento gli risparmiò la vita. Da allora volle la scorta per se e per la sua famiglia.
Putroppo quel 16 Marzo 1978 Non bastò. Venne sequestrato in via Fani, a Roma, e assassinato 55 giorni dopo. Proprio il giorno in cui si stava per dare la fiducia al primo governo della Dc appoggiato dai Comunisti. “Un messaggio ben chiaro” afferma il giornalista Sandro Provvisionato, uno dei maggiori esperti sulla vicenda.
Furono sette i servizi segreti internazionali che agirono per porre fine alla sconveniente politica di Moro: la CIA americana e il KGB russo in primo piano. La CIA era il cervello politico delle BR e agiva dall’Hyperion di Parigi, la centrale operativa del sequestro.
Sandro Imposimato e Philip William, giornalisti e scrittori esperti del caso Moro raccontano che l’Hyperion era formalmente una scuola di lingue, fondata da tre membri della sinistra extraparlamentare italiana: Mulinaris, Simioni e Berio. In quella scuola non ci furono mai delle lezioni. Più tardi si scoprì che tutti gli insegnanti erano agenti segreti internazionali della CIA. Stranamente L’Hyperion aprì due sedi in Italia, due mesi prima del sequestro. Vennero chiuse pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo di Moro.
Il KGB russo agì invece tramite la STASI, il servizio segreto sovietico della Germania dell’Est. Più precisamente tramite la RAF il braccio violento e militare della STASI, l’avamposto comunista nella Germania dell’Ovest e nell’Europa liberale.
Il compito della RAF, spiega Angelo Fasianello, anch’esso scrittore esperto in materia, fu quello di coordinare militarmente le BR nell’operazione. Il modello fu il rapimento e l’uccisione dell’ex nazista e capo della Confindustria Tedesca Schleyer. Sono stati documentati diversi incontri tra i Brigatisti che hanno partecipato all’assalto della scorta di Aldo Moro e agenti della RAF, pochi giorni prima del sequestro.
Diversi testimoni hanno sentito una voce tedesca che impartiva ordini, in quei concitati momenti dell’assalto.
Secondo il prestigioso storico dei servizi segreti Giuseppe De Lutiis, all’operazione parteciparono inoltre la DGSE francese, la STB cecoslovacca, la DARSAUNA bulgara e il MOSSAD israeliano.
Mentre all’estero venne pianificato il sequestro, in Italia la loggia massonica Propaganda 2 si preoccupò di depistare le indagini e di occultare importanti elementi per impedire il ritrovamento di Aldo Moro. La lobby non poteva tollerare l’apertura ai comunisti della DC.
Secondo le ricostruzioni dei tre giudici istruttori Imposimato, Priore e De Cataldo, coadiuvati dai racconti di Giovanni Pellegrino, ex presidente della Commisione Parlamentare Stragi, la P2 agì su diversi fronti per aiutare le BR a non essere scovati.
Di Bella, direttore del Corriere della Sera, tessera P2 numero 1887, divulgò diversi documenti segreti per ostacolare le indagini. Il Comitato di Crisi (ovvero le persone incaricate di salvare Moro durante il sequestro) creato da Cossiga, era composto da sei persone: Ferracuti, Santovito, Grassini, Pelosi, Malfatti e Ferrari. Tutti erano tesserati P2. Gelli, il “maestro venerabile” della P2, ora in carcere, fugò ogni dubbio anni dopo, dichiarando “Non ci interessava salvare Aldo Moro”.
Per tutti i 55 giorni di prigionia i capi dei servizi segreti italiani: il SISMI, il SISDE, la Gladio e gli Uffici Affari Riservati non si preoccuparono di salvare Moro, ma scesero a patti con le BR esclusivamente per recuperare i documenti segreti che il democristiano aveva con se.
Questo spiega perché in via Gradoli, dove abitava Moretti, capo delle BR, la maggior parte degli appartamenti era di proprietà di società immobiliari degli stessi servizi segreti italiani. Moro, durante la prigionia, é quasi certamente stato lì, nell’appartamento dell’interno 11, scala A. Ce l’avevano sotto il naso, a Roma. Nella stessa via, addirittura nello stesso pianerottolo. Non hanno voluto trovarlo.
La scrittrice Stefania Limiti afferma inoltre che il primo ministro Andreotti si affidò all’Anello, il Servizio Segreto occulto e illegale dello Stato che, attraverso la banda della Magliana, la Camorra, Cosa Nostra e la ‘Ngrangheta, ricattò le BR proponendogli la vita di Aldo Moro in cambio dei documenti segreti. Cutulo, il boss più importante della Camorra, affermò successivamente che sapeva che Aldo Moro era tenuto schiavo in via Gradoli.
In via Fani, durante il sequestro diversi testimoni videro almeno due esponenti dei Servizi Segreti italiani: il generale della Gladio Guglielmi e Salvoni, membro dell’Hyperion. Videro inoltre De Buono e Nitra, due esponenti dell’Ndrangheta, assoldati dall’Anello di Andreotti.
Il super-testimone Andrea Nucci fece addirittura numerose foto dalla suo appartamento di via Fani. Il rullino che consegnò ai magistrati venne magicamente smarrito.
Il 16 Marzo 1978 le armi dei quattro compagni Morucci, Fiore, Gallinari e Bonisoli, ufficialmente accusati dell’attentato, non furono le uniche a sparare sulla scorta di Aldo Moro. Si contano i colpi di almeno 8 armi diverse. Un pò troppe per quattro BR. I loro spari arrivarono da sinistra. I più letali, che uccisero i 5 della scorta, vennero da destra.
Chi ha sparato insieme ai brigatisti quel maledetto giorno? Tedeschi della RAF, i servizi segreti italiani e internazionali, mafiosi, membri dell’Hyperion, l’Anello…Chi ha esploso quei colpi é ancora senza volto e senza nome. Il fatto che tutte queste misteriose organizzazioni abbiamo partecipato al complotto è preoccupante.
Tutti volevano la morte di Aldo Moro. Un personaggio scomodo per i poteri forti.
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