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sabato 10 febbraio 2018

Carnefici 2.0



In questo preelettorale vortice di accadimenti, notizie e opinioni , vorrei, per un attimo, soffermarmi su di un recente post del signor Enrico Mentana, che in soldoni dice quello che dicono in moltissimi tra i “ribelli filosofi” italianissimi del nostro tempo.
"Il fascismo è finito", "l’antifascismo non ha senso", "il razzismo cresce per colpa della malapolitica"; una reazione quindi giustificata e naturale, visto che "l’uomo è cattivo per natura" e se non lo si "gestisce adeguatamente"...

Secondo me, Mentana è tra gli uomini più incisivi e persuasivi a disposizione del sistema Italia 2.0, e per provare ad analizzare l'argomento, pubblico qui di seguito quella che personalmente trovo essere un’ottima riflessione su questo rodatissimo modus operandi sistemico, tratta dalla pagina facebook “Persi nella Traduzione”.

Bisogna essere precisi quando si tratta di difendere i carnefici, soprattutto se si fa parte di essi. Si deve stare attenti a porre sempre alcune distinzioni, ad esempio tra "vero fascismo", quello del ventennio, e "finto fascismo", quello odierno. Distinzione fondamentale, importantissima, utile per evitare inutili (pericolosi) allarmismi. Perché, infatti, dovremmo allarmarci per un problema che esiste da decenni?
"Non è fascismo, è solo razzismo, odio, intolleranza, indifferenza!"

Se non si vuole affrontare un problema, basta negarlo, sminuirlo, dargli un altro nome, e il problema sparisce. Questo vale sempre.

La parola "fascismo", infatti, dà l'idea di un movimento ben definito, al quale si aderisce con coscienza e attraverso cui si arriva a compiere gesti precisi e caratteristici. Parlare di odio, intolleranza, indifferenza, invece, suggerisce l'idea secondo cui ci si trova davanti a qualcosa di vago e di spontaneo, naturale, ovvio, che è causato da fattori esterni. Il fascismo è un abominio, mentre l'odio è considerato qualcosa di connaturato all'uomo, qualcosa di normale; un problema irrisolvibile non è un problema ma una condizione.

Chi nutre odio quindi non è più un carnefice, ma una vittima. Se c'è razzismo non è perché esso è un elemento radicato in una determinata cultura, ma perché ci sono troppi "clandestini".
I fascisti ("quelli veri") erano colpevoli e devono restare tali, così come i nazisti, altrimenti ci sarebbero troppe questioni da affrontare (cosa porta gli uomini a compiere atrocità? Quali sono le costanti che nella storia hanno portato a guerre, stermini, schiavitù? Vedasi gli esperimenti di Zimbardo e Milgram). 

Allo stesso modo, gli odierni portatori di odio, razzismo, intolleranza e indifferenza devono necessariamente essere considerati innocenti, vittime di politiche pessime, altrimenti ci sarebbero anche qui troppe questioni da affrontare, troppi fallimenti e troppe ipocrisie da riconoscere (perché ai nostri occhi esiste lo "straniero" e perché viene considerato inferiore, o un problema? Che ruolo abbiamo, noi con il nostro "benessere", nella devastazione delle terre da cui scappano centinaia di migliaia di persone? Com'è possibile che la nostra civiltà così tanto "evoluta" non riesca ad estirpare il razzismo?). Il cambiamento che ne deriverebbe sarebbe troppo radicale. Ma chi lo vuole, 'sto cambiamento!? Tanto vale negare tutto, sminuire e continuare così.
Il fascismo? Non esiste più.
Il patriarcato? Roba vecchia.

Non vale la pena sostenere idee così radicali. Fate come Mentana, mettetevi sempre nel mezzo, non rischiate troppo e non avrete mai problemi.

- Giuseppe La Ragione

domenica 28 gennaio 2018

Stereotipi di genere [+video]



Sempre piu' spesso, sul web, mi ritrovo a leggere post e commenti allucinanti sull'argomento "gender", ove le persone danno per scontato che le attitudini mentali e pratiche di un individuo siano inscindibilmente collegate al suo sesso di nascita. Non una cosa che varia, che dipende dalle proprie aspirazioni, non qualcosa che deve poter mutare in base ai desideri e a ciò in cui ci si scopre essere bravi, qualcosa che si può coltivare e cambiare; che riguarda la crescita cognitiva, cerebrale e l'attitudine pratica; e che non c'entra né con il sesso né con l'orientamento sessuale.