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mercoledì 6 febbraio 2013

I pericoli delle pillole anticoncezionali. Inchiesta di Le Monde: «Nessuno osa dirlo»



Le cause alla Bayer contro le pillole anticoncezionali di terza generazione aumentano. Le Monde racconta le vicende di donne francesi decedute dopo averle assunte

Per la prima volta in Francia una denuncia penale è stata presentata contro una pillola anticoncezionale. Marion Larat ha denunciato infatti la pillola Meliane. Già tempi.it vi aveva parlato delle denunce contro le pillole anticoncezionali di terza generazione. Delle migliaia di ragazze che sui blog raccontano le loro storie drammatiche. E di milioni di dollari di risarcimento pagati in America dalla Bayer, la casa farmaceutica che produce la Yasmin e la Yasminelle.

Purtroppo, in molti casi, gli effetti collaterali di queste pillole sono disastrosi. Soprattutto quando la somministrazione degli anticoncezionali non è preceduta da esami necessari per vedere se la donna non corra rischi d’ansia o trombosi che, nel peggiore dei casi, ha portato a decessi.


LA PICCOLA THEODORA. Il quotidiano Le Monde denuncia lo stesso fenomeno in Francia narrando storie di malattia e morte. Si accusa la Bayer di non avere parlato degli effetti collaterali degli anticoncezionali con sufficiente enfasi e, come accadde in America e come denunciammo, di non prescrivere tutti gli esami necessari prima di somministrare la pillola a donne con problemi di coagulazione.
La prima testimonianza, raccolta dal giornale francese, è quella di Théodora, morta all’età di 17 anni nel 2007. La ragazza, una mattina, sulla via tra casa e scuola è crollata sul marciapiede. Il padre di un compagno, accortosi, l’ha portata all’ospedale, ma Théodora, in arresto cardiaco, non ha risposto al tentativo di rianimazione. Una sua amica ha raccontato che la ragazza aveva cominciato a prendere la pillola in agosto, facendosela prescrivere da un centro di pianificazione familiare. Le Monde sottolinea come in questi centri, e non solo, «alle minorenni vengono prescritte la pillole senza il consenso dei genitori». Il medico, interpellato, ha risposto così: «Era l’unica pillola che avessi con me in quel momento».

OTTO GIORNI DOPO.  C’è la storia di Adèle Bertrand, morta a 22 anni. La sua vicenda, non è solo legata a quella di una pillola che, come scrive oggi il Corriere sarebbe «una delle maggiori conquiste della donna nel campo della sessualità», ma di una grande solitudine, senza cui può darsi anche che Adèle avrebbe potuto sopravvivere. Di lei parlano i genitori. Era il 4 aprile del 2011 quando «l’abbiamo cercata: le abbiamo mandato una email, lei non ha risposto, ma non ci siamo allarmati perché sappiamo che quando deve studiare per gli esami si isola». Così, a 400 chilometri di distanza, solo il 12 aprile i genitori cercano di contattarla. Non riuscendo a sapere nulla, né da lei né da suoi conoscenti. Quel che si sa ora è noto dall’autopsia: Adèle è morta di embolia polmonare massiccia. La ragazza, riporta il quotidiano, era una sportiva, con un’alimentazione equilibrata. Non fumava, «prendeva solo la pillola da dieci mesi: una leggera, di terza generazione».

CI DICONO DI TACERE. Infine, la testimonianza di un’infermiera sopravvissuta: Carolina C. di 32 anni: «Ho avuto un’embolia polmonare nel giugno 2012. Ora sto facendo molti progressi. Penso di essere molto fortunata». Carolina spiega perché: «Ho sentito il mio cuore battere più forte per un po’ e ha cominciato a mancarmi il fiato». Ma «è il mio mestiere (…), ho consultato un medico di famiglia che mi ha prescritto un encefalogramma. Era normale, in equilibrio. Dovevo solo riposare» e «fare una visita immediata e approfondita con un cardiologo all’interno di una struttura dove mia madre lavora». Gli esami del sangue segnalano dei problemi, alla donna dopo pochi giorni viene un’embolia polmonare massiva, ma è sotto controllo: «In terapia intensiva di cardiologia, dove rimasi dieci giorni, mi è stato chiesto circa la pillola». La donna quindi, da altri esami, scopre di essere portatrice del fattore VLeiden (variante della proteina V), anche se la sua famiglia non ha precedenti legati alla variante di tale proteina. «Eppure – continua – pur essendo documentata, non avevo mai sentito parlare, né io né i mie colleghi, di rischio tromboembolico». Il problema è che i medici interpellati non vogliono «parlare pubblicamente», perché «se attaccano la pillola vengono accusati di essere contro gli anticoncezionali, ci viene detto poi che evoca un altro tema, dicono che così si alzano gli aborti». Non importa se oltre ai figli non nati muore la madre. «Ma io sono davvero dalla parte delle donne! – ha concluso l’infermiera – Mi aspetto che, come mediatore, un medico possa finalmente parlare chiaro forte».




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