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domenica 26 agosto 2012

Ciao Neil !





Ecco uno dei problemi "di fondo" che si pongono sulle fotografie lunari ancora prima di iniziare a guardare luci e ombre.
Cerco di spiegare un pò più approfonditanenmte il problema delle macchine fotografiche "Hasselblad" usate nella missione lunare "Apollo 11" nel 1969, e cioè come abbiano fatto quei benedetti rullini a colori a resistere sia all'escursione termica, sia alle radiazioni cosmiche patite durante i viaggi lunari.
Non è un problema da poco, e chi finge di ignorarlo non dà certo un buon contributo alla ricerca della verità.

 
PREMESSA

Dichiarato dalla NASA stessa, la pellicola era infatti del normalissimo Ektachrome 64, affiancato dal 160, con l'unica differenza di un supporto più fine del normale, per permettere più scatti a parità di volume. Mentre le macchine, a detta della stessa Hasselblad, non avevano nulla di particolare che le proteggesse dai raggi solari e cosmici, se non uno strato di argentatura supplementare, applicato direttamente al corpo macchina.


 
CALDO

Ora, in mancanza di atmosfera non c'è trasferimento di calore per convezione, ma rimangono sia irraggiamento che conduzione. In altre parole le superfici esterne, che raggiungono e superano, al sole, i cento gradi di temperatura, irradiano calore nelle immediate vicinanze, mentre le varie parti della macchina, al suo interno, si toccano ovviamente tutte, rullino compreso. E' proprio la pellicola, anzi, a rimanere a stretto contatto con la piastra dell'otturatore (pressure plate), per tutto il tempo che intercorre fra uno scatto e quello seguente. Hasselblad inoltre aveva aggiunto una specie di filamento ad alta conduzione, che andava dalla piastra stessa ad una superficie esterna della macchina, per disperdere - dicono loro - eventuali cariche elettrostatiche accumulatesi nel corpo macchina.

Abbiamo quindi un sistema di conduzione relativamente compatto ed efficace, nel quale il rullino deve necessariamente risentire, in maniera determinante, della temperatura raggiunta dalle superfici esterne esposte al sole.

Peccato che un Ektachrome 64 - come qualunque altra pellicola a colori, di allora come di oggi - diventi assolutamente inguardabile se solo la macchina fotografica viene lasciata per qualche minuto con il dorso esposto al sole, qui sulla Terra. Ne sa qualcosa il sottoscritto, che una volta (facevo l'assistente fotografo) si ritrovò licenziato in tronco da un momento all'altro, solo per aver APPOGGIATO - ripeto, appoggiato, per non più di un minuto - la macchina del fotografo per cui lavoravo con il dorso rivolto al sole, su un tavolino di un bar, in un caldo giorno di estate.

Le stesse pellicole a colori, prima dell'uso, vanno infatti conservate in frigorifero (a qualche grado sottozero), e da quando sono state esposte vanno protette all'interno di speciali borse termiche, fino all'arrivo in laboratorio.

Come mai invece sulla Luna la superficie della macchina può tranquillamente raggiungere, e superare, i cento gradi centigradi, senza che i colori risentano minimamente di questa generale esposizione al calore? Visto quanto sopra, la sola piastra dell'otturatore, che è larga 6 cm. X 4.5, e che appoggia costantemente sulla pellicola, dovrebbe "bolllire" ogni singolo fotogramma subito dopo che è stato scattato.
FREDDO

Parimenti, non appena il fotografo/astronauta si volta in ombra, la temperatura esterna crolla rapidamente, per arrivare in poco tempo al di sotto dei cento gradi di temperatura.

Come fa a quel punto la pellicola a non "sbriciolarsi" letteralmente, durante il trascinamento e l'avvolgimento?
RADIAZIONI

Il secondo problema è quello delle radiazioni cosmiche, soprattutto raggi X e Gamma, che sono fuori dallo spettro visivo degli umani, ma che non mancano di lasciare il loro segno sulle pellicole fotografiche. (Le foto esposte ai raggi X diventano immediatamente "velate", e perdono tutta la loro nitidezza).

Nei check-in aeroportuali infatti, tutti gli scanner sono contrassegnati da scritte che "dicono" di non danneggiare i rullini fotografici. A me comunque avevano insegnato a non fare MAI passare la sacca dei rulli esposti nello scanner, anche se questo spesso mi costava di dovermi sedere davanti all'addetto alla sicurezza (pre-9/11, of course), e aprire UNO PER UNO gli oltre mille rullini che si scattano in ogni viaggio di fotografie di moda.

Adesso qualcuno mi viene a raccontare che nel cosmo ci sono meno raggi X che in una passata di mezzo secondo di uno scanner aeroportuale? O che l'Hasselblad per qualche strano motivo è "impermeabile" ai raggi X?

Di fronte a dei potenziali "pazzi che vedono dei complotti dovunque", hai dei ciechi di professione, che fingono di non vedere nemmeno le cose più palesi di questo mondo, pur di non vedere disturbato il loro rassicurante status quo.
Con la differenza che ai primi potrai al massimo addossare un eccesso di mancanza di fiducia nei governi, ma sono e saranno sempre in buona fede. In fondo, chiedono solo trasparenza, laddove innegabilmente ne manca.
Sulla buona fede dei secondi invece non scommetterei un centesimo bucato nemmeno se me lo regalassero.

source: redazione luogocomune



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